Frammenti di ricordi ad un anno dalla visita di papa Francesco

“La sveglia suona alle quattro di mattina, non è un orario abituale, ma non c’è neppure un istante per fermarsi sotto le coperte … E’ vero, ricordo vagamente che, ieri notte, mi sono addormentato attorno alle due … ma oggi tutto questo non conta perché alle otto a S. Galdino arriva papa Francesco.” È questo il primo frammento di memoria che affiora ricordando il 25 marzo dello scorso anno, piccolo, ma capace di raccontare alcuni sentimenti che hanno accompagnato quel giorno eccezionale per tutti noi. Un misto di ansietà e preoccupazione (per l’organizzazione), gioia e trepidazione (per l’evento) orgoglio ed eccitazione( per l’importanza di questo incontro).

Francesco giunge dopo non molte ore dalla sveglia, ma già tutta la spianata del posteggio delle case bianche (tramutata per un giorno in un’ accogliente piazza) è piena. Colma di una varietà di gente e di colori: ammalati, famiglie, bambini, italiani e stranieri, cristiani e musulmani … tra gli otto e i novemila biglietti distribuiti, ma soprattutto tanti volti e cuori desiderosi di incontrare il papa.

Del suo arrivo sulla piazza, realmente coincidente con il diradarsi della nebbia e l’incedere del sole, ho un ricordo quasi puntuale, ma soprattutto la memoria di un’impressione: la sua grande serenità, pacatezza e amorevolezza. Salendo nelle case scelte per l’occasione, Karim e la sua famiglia lo accolgono offrendo datteri e latte segno di ospitalità; Dori e Lino con i piccoli pani da benedire e la famiglia Agogini con un telefono, pronto per contattare la mamma in ospedale. Tornati in piazza (al posteggio) ecco ancora i saluti, i sorrisi, i molti volti conosciuti che visti dalla papa mobile appaiono quasi più luminosi.

Sulla soglia della città Francesco, parla alla gente prendendo spunto dai due doni offerti dalla popolazione delle Case Bianche, riflette sul suo venire come sacerdote e sulla Chiesa. <<La stola che mi avete regalata non è “già fatta” ma è stata “creata qui” e dice il senso del mio “venire tra voi come sacerdote”>>. Il sacerdozio è infatti un “dono di Cristo ma ‘tessuto’ da voi”, il popolo di Dio, “con la sua fede, le sue fatiche, le sue preghiere, le sue lacrime”. Anche il secondo regalo, l’icona restaurata di Maria, richiama la sollecitudine di una Chiesa che “non rimane nel centro ad aspettare … ma va incontro … anche ai non cristiani ai non credenti … non per fare proselitismo ma per accompagnare nel cammino della vita”. Il “restauro” della statua, rappresenta la Chiesa che ha sempre bisogno di “essere restaurata”.

La visita volge al termine, ma il papa trova il tempo per un saluto finale ai molti bambini che, dalle sei di mattina, si assiepano nel primo settore a loro dedicato.

Ad un anno di distanza dall’evento rimane nel cuore la gioia indescrivibile di quel momento, ma non scompare neppure il ricordo dei suoi gesti e delle sue parole. Hanno portato frutto in noi? Sono stati occasione di rinnovamento del cuore e del volto della nostra chiesa?

Tanti piccoli gesti di bene sembrano dire di sì, ma forse c’è ancora molto da fare.

d. Augusto